Claudia Promutico

Cambiata la materia sulla responsabilità penale del medico

La legge Gelli-Bianco alle Sezioni Unite 

Dell’Avv. Claudia Promutico

 

La legge 8 marzo 2017 n.24 (Gelli-Bianco) ha sostituito la precedente normativa di cui al D.L. 13 settembre 2012 n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012 n. 189 (legge Balduzzi) ed ha innovato la materia della responsabilità penale del medico. 

Infatti, la norma che precedentemente si occupava della colpa medica era l’art. 3, comma 1, della legge 189 del 2012, che prevedeva che: l’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve.” Pertanto, secondo la precedente normativa il sanitario che si atteneva alle linee guida non rispondeva penalmente nel caso di colpa lieve. 

La giurisprudenza di legittimità in merito ha statuito che la colpa grave del sanitario si verifica quando quest’ultimo non avrebbe dovuto seguire le linee guida in quanto nel caso concreto queste risultano inadeguate. Dunque, l’applicazione della legge Balduzzi e quindi la punibilità del sanitario era prevista nel solo caso in cui questo avesse agito con imperizia, escludendo invece tutti gli altri casi di negligenza e di imprudenza, che di per sé integravano solo forme di colpa lieve. 

Le linee guida, pertanto, con la legge Balduzzi entrano a pieno titolo fra i criteri che il giudice deve utilizzare per sindacare l’attività professionale svolta da un sanitario.

La nuova normativa ha introdotto con l’art.6, l’art. 590-sexies c.p. che prevede al primo comma che qualora il sanitario cagioni la morte o le lesioni personali per imperizia, la punibilità è esclusa quando siano rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida ovvero, in mancanza di queste, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che queste siano adeguate alla specificità del caso concreto. Ne consegue che la responsabilità del sanitario è esclusa laddove concorrano tre fattori: la realizzazione dell’evento a causa di imperizia; il rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero delle buone pratiche clinico assistenziali, nel caso in cui difettino linee guida pertinenti; l’adeguatezza delle linee guida alle specificità del caso concreto.

In merito alla succitata causa di non punibilità delineata dalla seconda parte dell’art.590-sexies c.p., preme sottolineare che questa risulta difficilmente passibile di applicazione pratica, dal momento che il concorso delle circostanze richieste dalla legge, annulla a priori e vicendevolmente le circostanze stesse: infatti, un sanitario che ha osservato le linee guida adeguate alle specificità del caso concreto esclude aprioristicamente la prima delle condizioni richieste dall’articolo 590 sexies c.p., ossia l’imperizia nella causazione dell’evento lesivo, precludendo a monte un addebito di imperizia stessa. Da tale considerazione è possibile desumere, a contrario, che l’osservanza di linee guida adeguate al caso concreto è ontologicamente incompatibile con l’imperizia, a sua volta identificata con la negligenza manifestata in ambito professionale.

La nuova normativa, quindi, non ha fornito un discrimen utile per distinguere le diverse forme di colpa, anzi riducendo l’imperizia ad una causa di non punibilità (in concreto impraticabile) sembra portare come unica innovazione nel campo penale, l’abrogazione dell’art.3 della Legge Balduzzi. 

Successivamente all’entrata in vigore della suddetta normativa si è creato un contrasto giurisprudenziale in seno alla Quarta Sezione della Corte di Cassazione che ha comportato la rimessione della questione alle Sezioni Unite.

Secondo un primo orientamento (Sentenza Cavazza) l’abrogazione della previgente normativa implica la reviviscenza  della precedente normativa più severa che non consentiva distinzioni in relazione al grado della colpa. Infatti, la novella del 2017 non contiene riferimenti alla gravità della colpa. Ai sensi dell’art.2 c.p., la nuova normativa deve applicarsi unicamente ai fatti commessi successivamente alla riforma, mentre per i fatti anteriori, sempre in ossequio a quanto previsto dall’art. 2 c.p., troverà applicazione la normativa previgente che risulta più favorevole con riferimento alla limitazione della responsabilità ai soli casi di colpa grave.                 

Secondo la Corte, il secondo comma dell’art. 590-sexies c.p. è norma più favorevole rispetto alla precedente in quanto prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria collocata al di fuori dell’area di operatività della colpevolezza, operante nel solo caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse.

 La norma in commento appare notevolmente contraddittoria in quanto postula la coesistenza dell’imperizia e del rispetto delle linee guida adeguate alle specificità del caso concreto. La Corte di Cassazione ha, però, considerato superabile tale contraddittorietà statuendo la non punibilità del medico il quale, seguendo le linee guida adeguate e pertinenti, pur tuttavia sia incorso in una imperita applicazione delle stesse nel caso concreto.

In tale prospettiva l’unica ipotesi di rilevanza penale dell’imperizia sanitaria può essere individuata nell’assecondamento di linee guida che siano inadeguate alla peculiarità del caso concreto. Pertanto, non vi sono dubbi sulla non punibilità del medico che seguendo le linee guida adeguate e pertinenti sia in ogni caso incorso in una applicazione imperita delle stesse.

Secondo un diverso orientamento (sentenza Tarabori) la nuova disciplina è meno favorevole rispetto alla precedente, in quanto la legge Balduzzi escludeva la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve in contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, mentre quella sopravvenuta ha eliminato al distinzione tra colpa lieve e colpa grave ai fini dell’attribuzione dell’addebito, dettando al contempo una nuova articolata disciplina in ordine alle linee guida che costituiscono il parametro per la valutazione della colpa per imperizia in tutte le sue manifestazioni. In altri termini la Corte ha adottato un’interpretazione del secondo comma dell’art. 590-sexies c.p., inteso quale “nuova regola di parametrazione della colpa in ambito sanitario”, osservando che tale norma debba ritenersi meno favorevole rispetto all’abrogato art. 3, comma 1, D.L. 13 settembre 2012, n. 158, non contenendo alcun riferimento al grado della, colpa, diversamente da quanto previsto dalla normativa precedente. 

In conclusione, la radicale diversità delle interpretazioni ha imposto il ricorso alle Sezioni Unite che all’esito dell’udienza tenutasi il 21 dicembre ha pronunciato il seguente principio di diritto: “L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica: a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza; b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia: 1) nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’atto medico quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali; 2) nell’ipotesi di errore rimproverabile nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto, fermo restando l’obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse;
c) se l’evento si è verificato per colpa (soltanto “grave”) da imperizia nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione, quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche che risultano adeguate o adattate al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico
”.

Write a Reply or Comment