DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE TERAPEUTICA E LE DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO

A cura dell’Avv. Cristiana Fanele

Esplicazione del diritto all’autodeterminazione terapeutica, prevista costituzionalmente dall’art. 31, 2° co., Cost. in combinato disposto con gli artt. 2 e 13 Cost., è senz’altro la L. 22 dicembre 2017, n. 219, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, che, dopo un lungo periodo di gestazione colma un vuoto legislativo attraverso la previsione di uno strumento adeguato volto a dare concretezza al diritto della persona di autodeterminarsi, anche in ambito terapeutico: le disposizioni anticipate di trattamento (DAT).

Il tema è introdotto dall’art. 4 comma 1 della L. 219/2017 che prevede espressamente: “ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché’ il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. Indica altresì una persona di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie”.

Come appare evidente, si tratta di un vero e proprio atto inter vivos, qualificabile come negozio giuridico consistente in una manifestazione di volontà di una persona pienamente capace, subordinato all’avveramento di una condizione (perdita della capacità di autodeterminarsi), e finalizzato alla produzione di effetti giuridici quali il consenso o il rifiuto di determinati trattamenti terapeutici che potrebbero rendersi necessari durante la vita del dichiarante.

La forma richiesta, come specificato al comma 6 del sopracitato articolo, è quella dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata ovvero della scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito, oppure presso le strutture sanitarie, qualora siano dotate di apposite modalità telematiche di gestione dei dati. Qualora le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare; nelle stesse forme, le DAT, possono essere revocate, modificate e rinnovate.

Altro punto fondamentale dell’art. 4 della L. 219/2017, è la – non obbligatoria – nomina del fiduciario, il quale deve fare le veci e rappresentare il disponente nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie, e può disattendere le volontà del dichiarante solo qualora queste siano assolutamente incongrue alla condizione clinica del dichiarante, o qualora ci siano delle terapie innovative non prevedibili all’atto della sottoscrizione. È sicuramente uno spazio di discrezionalità importante ma, a parere della scrivente, necessario, soprattutto se si considera che il bene oggetto delle presenti dichiarazioni è il bene vita.
Dunque, è doveroso, seppur rischioso, abbandonare l’approccio ideologico a favore di un metodo più pragmatico, perché un’eccessiva burocratizzazione potrebbe negare di fatto il diritto.

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