
Alzato il limite del dei contratti di lavoro sportivo per i calciatori.
Il mondo del calcio e degli sport professionistici italiani è prossimo a un cambiamento strutturale destinato a incidere profondamente sulla regolazione dei rapporti di lavoro tra atleti e società. Con l’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, di un nuovo decreto-legge recante misure urgenti in materia di sport, è stata introdotta una modifica significativa al Decreto Legislativo n. 36/2021, che disciplina la riforma del lavoro sportivo.
Tra le novità più rilevanti, una modifica testuale all’art. 26, comma 2: il limite massimo di durata dei contratti di lavoro sportivo passa da cinque a otto anni. In altre parole, una semplice sostituzione lessicale – da “cinque” a “otto” – contenuta nel punto 4), lett. b) dell’art. 11 dello schema di decreto, consente ora alle società professionistiche di stipulare accordi contrattuali di durata ben più estesa rispetto al passato.
📝 Cosa cambia per i club e per gli atleti
Questa estensione temporale, destinata a entrare in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, permetterà ai club di pianificare strategicamente le carriere dei propri tesserati, trasformando i contratti in veri e propri beni immateriali a lungo termine, più facilmente gestibili anche in ottica di valorizzazione patrimoniale e di bilancio.
Nonostante l’allungamento della durata contrattuale, resta però invariata la disciplina degli ammortamenti contabili, che potranno essere ripartiti solo su un massimo di cinque esercizi, come stabilito dai principi di contabilità sportiva e dalle norme UEFA sul Fair Play Finanziario.
🏦 Ammortamenti e regolamento UEFA: limiti e vincoli
L’UEFA, infatti, aveva già introdotto nel 2023 un correttivo mirato a evitare distorsioni nei bilanci, come accaduto nel caso del Chelsea, che aveva stipulato contratti pluriennali lunghissimi per abbattere il costo annuale degli ammortamenti. Il regolamento contabile UEFA stabilisce che:
“Il costo del cartellino di un giocatore deve essere ammortizzato su un massimo di cinque anni. In caso di rinnovo, è ammesso un nuovo ammortamento, ma limitato ai cinque anni successivi alla proroga contrattuale”.
Tale limite è stato introdotto per armonizzare i bilanci tra i club europei e impedire manovre elusive sui costi pluriennali. Tuttavia, non incide sulla libertà dei club nazionali – come quelli italiani – di stipulare contratti anche di durata superiore, purché in conformità con le norme locali e con i limiti contabili previsti.
🔍 Una svolta con molteplici riflessi
La possibilità di stipulare contratti fino a otto anni presenta vantaggi strategici per le società, che potranno assicurarsi i talenti più promettenti per un periodo più lungo, proteggendo il proprio investimento tecnico e patrimoniale. Tuttavia, solleva anche riflessioni critiche:
- Tutela dell’atleta: un vincolo contrattuale così esteso può incidere sulla libertà professionale del giocatore, soprattutto se stipulato in giovane età.
- Gestione del rischio: l’allungamento dei contratti implica una maggiore esposizione economica per i club in caso di infortuni o decadimento delle prestazioni.
- Impatto sul mercato: la nuova disciplina potrebbe ridurre la circolazione degli atleti e influenzare il valore dei trasferimenti.
📌 Conclusione
La modifica introdotta rappresenta una svolta normativa di ampio respiro, destinata a influenzare in profondità il panorama giuslavoristico sportivo. Se da un lato offre ai club uno strumento per rafforzare la programmazione pluriennale, dall’altro richiederà prudenza e attenzione nell’attuazione concreta, anche per evitare potenziali squilibri contrattuali o contenziosi in fase esecutiva.