Breve considerazione sulla compensatio lucri cum damno e sulla responsabilità dell’amministratore alla luce di una sentenza emessa dal Tribunale di Milano.

L’espressione compensatio lucri cum damno designa la regola secondo la quale nella liquidazione del risarcimento del danno si deve tenere conto delle conseguenze vantaggiose per il danneggiato causate in via diretta dal fatto lesivo. Tale “rimedio” consente quindi di tener conto delle conseguenze positive e immediate della condotta illecita, qualora producano un vantaggio economico al danneggiato e trova applicazione soprattutto quando, a seguito di un fatto illecito al danneggiato spetti sia il risarcimento del danno che altro beneficio patrimoniale o indennizzo, ravvisabile sulla base dell’entità del danno da risarcire.

Tale figura che trova il suo riferimento normativo nell’art. 1223 c.c., che riconduce al risarcimento del danno solo la perdita subita, come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta. Il risarcimento ha una natura compensativa e non punitiva, non deve essere considerato quale fonte di arricchimento per la vittima e pertanto la sua quantificazione non deve superare quella dell’interesse leso. È necessario quindi tenere conto dei benefici entrati nella sfera del danneggiato quali, ad esempio, la natura differenziale del danno (proprio per la sua funzione compensativa) che impone di includere nel giudizio risarcitorio non solo le componenti negative elencate dall’art. 1223 c.c., ovvero perdita e mancato guadagno, ma anche le componenti positive quali il guadagno e la mancata perdita.

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