Il TPO alla luce dell’entrata in vigore della circolare n. 1464 del 22.12.2014: fine di un epoca?

 

La questione riguardante il TPO (“Thirdh Party Ownership”) si arricchisce di una nuova puntata. La FIFA, infatti, con circolare n. 1464 del 22.12.2014 ha vietato la proprietà di diritti economici riguardanti i calciatori da parte di terze parti a partire dal 1 maggio 2014. In tal modo ha risposto positivamente al monito ricevuto dalla UEFA scontentando però i paesi che basano la loro crescita economica-sportiva su questo tipo di co-finanziamento, come ad esempio quelli sudamericani.
La FIFA ha voluto fare chiarezza rispetto a quanto in precedenza disciplinato. Infatti dopo la vicenda Tevez/West Ham, il massimo organo del calcio aveva introdotto l’art. 18 bis nel Regolamento Status e Trasferimenti dei calciatori, che concettualmente aveva l’intento di frenare l’ingerenza di società di capitali o singoli agenti nella trattativa e nella sottoscrizione di contratti di trasferimento di calciatori professionisti, ma in pratica l’intervento appariva sin da subito lacunoso, non prevedendo al suo interno la sanzione di una fattispecie ben definita e non rendendo inoltre chiaro il termine “influenzare” ed il limite tra lecito ed illecito ammettendo pertanto di fatto i TPO. 
Nonostante l’introduzione ti tale articolo i TPO continuavano a crescere provocando un maggior equilibrio competitivo, visto che società economicamente meno forti riuscivano ad essere co-finanziate per investimenti tesi all’acquisto di calciatori importanti, alterando però la solidità del sistema. Tali eventi hanno determinato un acceso dibattito sulla mancanza di trasparenza relativa alla “formazione” di questi fondi, ma soprattutto sul loro effetto nel sistema. In particolare si riteneva che le società aiutate dai TPO alteravano il sistema sportivo, non avendo in realtà i fondi necessari per effettuare le operazioni.
La FIFA ha voluto fare chiarezza eliminando il problema alla radice prestando il fianco a critiche ed apprezzamenti.
La nuova formulazione dell’art. 18 ter RSTC vieta, dal 1.5.2015, qualsiasi contratto che abbia ad oggetto diritti economici e non sul trasferimento di un calciatore da parte di una società terza al sistema sportivo. Dal punto di vista concettuale non vi è nulla da specificare. Evidentemente la FIFA crede che contratti aventi ad oggetto diritti sul trasferimento o sul tesseramento di un calciatore da parte di soggetti terzi sia contrario ai principi dell’ordinamento sportivo. Questa soluzione nasce dalla visione istituzionale dello sport. Infatti si vede nel TPO una ingerenza economica e politica nelle dinamiche di una società, che sicuramente è un humus per problematiche quali calcio scommesse, doping e riciclaggio di denaro sporco e connivenze con la mafia.
Da un punto di vista “sociale” il TPO è uno strumento attraverso il quale alcuni giovani hanno la possibilità di poter coltivare il proprio sogno, soprattutto in paesi sudamericani ed è pur sempre una libera attività economica che non si scontra con l’ordine pubblico o il buon costume o normative di ordinamenti statali o sovrastatali.
Sulla base di queste considerazioni la FIFA avrebbe potuto definire un regolamento specifico per i TPO, similarmente a quanto definito nell’art. 18 ter c. 5 che disciplina il periodo di transizione della normativa, affermando che tutti gli accordi esistenti e rientranti nell’art. 18 ter RSTC dovranno essere registrati nel TMS, specificando i dettagli riguardanti le terze parti, il nome del calciatore per esteso e la durata dell’accordo. Infine, in riferimento alle sanzioni da comminare la FIFA non le ha determinate in astratto, ma ha lasciato il compito al Comitato Disciplinare della FIFA, una scelta che suscita qualche perplessità. 
In conclusione la FIFA vieta i TPO di netto non adoperandosi per la stesura di un regolamento ad hoc. Le ripercussioni saranno sicuramente problematiche sia dal punto di vista dell’applicazione della norma, sia in riferimento alla sanzione.

 

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