La Corte di Cassazione con sentenza n. 5068 ha statuito che le plusvalenze sui calciatori sono soggette all’Irap.

Nello specifico la Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato dalla società Udinese Calcio contro la decisione della CTR di Udine che, nel 2014, aveva bocciato la sua istanza di rimborso per l’Irap corrisposta sulle «componenti positive straordinarie» dal luglio 2005 al giugno 2008.

La Sezione tributaria della Corte di Cassazione ha quindi ritenuto che la plusvalenza derivante dalla vendita di un calciatore ad un altro club è soggetta all’Irap, affermando il seguente principio di diritto: «Il trasferimento di un atleta professionista da una società sportiva ad un’altra, laddove disposto dietro corrispettivo prima della scadenza naturale del rapporto contrattuale in corso, è riconducibile allo schema della cessione del contratto e pertanto, dal punto di vista fiscale rappresenta un’operazione assimilabile alla cessione di un bene immateriale, suscettibile di generare una plusvalenza e, dunque, rilevante ai fini Irap» spiegando che «oggetto della cessione è il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta, che è senz’altro un bene da inquadrarsi tra i beni immateriali strumentali ammortizzabili (ai sensi del Tuir), suscettibili, come tali, di produrre plusvalenze o minusvalenze, rilevanti ai fini Ires ed Irap» ed ancora «Non è privo di rilievo il fatto che il diritto all’utilizzo esclusivo delle prestazioni di un atleta sia un bene dotato di una autonoma utilità economica, come tale suscettibile di negoziazione diretta tra società e qualificabile come bene immateriale strumentale».

Aldilà della portata di sentenza è certamente doveroso sottolineare come in realtà l’IRAP nasca per presupposti diversi e che, nel caso in esame, non può dirsi provato che la cessione di contratto generi plusvalenza soprattutto se si ipotizza che la prestazione di lavoro sia inquadrabile tra i beni ammortizzabili.

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