In caso di debiti non pagati, il creditore può esercitare l’azione revocatoria già dal preliminare di vendita o può agire solo dopo che è stata trasferita la proprietà dell’immobile con l’atto notarile?

La giurisprudenza ha recentemente spiegato se è nella possibilità del creditore revocare un compromesso relativo alla compravendita di un immobile.

In tal senso l’azione revocatoria, o “actio pauliana” (art. 2901 c.c.), rappresenta il potere che la legge riconosce al creditore di rivolgersi al giudice affinché dichiari inefficace uno o più atti del debitore che hanno l’effetto di impoverirne il patrimonio.

Il creditore può quindi rendere inefficaci gli atti di disposizione che il debitore ha compiuto, consapevole dell’esistenza del vincolo obbligatorio, se rappresentano un concreto pregiudizio dell’interesse creditorio e, dopo la dichiarazione di inefficacia di un atto, può promuovere il pignoramento sui beni oggetto di disposizione (art. 2902 c.c.).

La giurisprudenza ha recentemente stabilito che il contratto preliminare di vendita immobiliare non è assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria, in quanto non produce effetti traslativi, cioè non comporta un trasferimento di proprietà. Tuttavia, l’azione revocatoria può avere ad oggetto il contratto definitivo di compravendita successivamente stipulato dinanzi al notaio. È solo quest’ultimo, infatti, che implica lo spoglio del bene dal patrimonio del debitore e quindi l’effettivo danno al creditore.

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