Il danno morale va risarcito alle figlie, anche se non conviventi con il padre.

Sì, il danno morale può essere risarcito alle figlie anche se non conviventi con il padre. La Corte di cassazione ha stabilito che, in caso di perdita di un congiunto, il legame familiare è sufficiente a presumere l’esistenza di una sofferenza morale, indipendentemente dalla convivenza. Ad esempio, l’ordinanza n. 3904 del 16 febbraio 2025 afferma che l’uccisione di una persona fa presumere una sofferenza morale per i suoi stretti congiunti, come figli, coniuge o genitori, a prescindere dalla convivenza o dalla distanza geografica; spetta al convenuto provare l’assenza di legami affettivi significativi tra la vittima e il superstite. ​

Inoltre, la sentenza n. 27658 del 29 settembre 2023 ribadisce che il difetto di convivenza non preclude la prova del danno da perdita del rapporto parentale. Il giudice deve valutare la natura e l’intensità della relazione affettiva tra la vittima e il congiunto superstite, considerando elementi come la qualità dei legami affettivi e altre circostanze del caso.

Pertanto, la convivenza non è un requisito essenziale per il riconoscimento del danno morale; ciò che rileva è l’effettività e l’intensità del legame affettivo tra il defunto e il congiunto superstite.

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