LA RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO IN RELAZIONE ALLA SALUTE E ALLA SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO

Dell’Avv. Luigi Picari

COVID e D.lgs. 231/2001

PREMESSA

Il diffondersi in Italia dell’epidemia da Covid-19, oltre ad incidere significativamente sulla vita dei singoli cittadini mediante la compressione di numerose  libertà costituzionalmente riconosciute, impone una netta revisione dei consueti modelli di organizzazione del lavoro con l’adozione, da parte degli imprenditori, di tutta una serie di cautele tese alla prevenzione del contagio all’interno delle strutture produttive, dovendosi ormai reputare tale fenomeno alla stregua di un infortunio sul lavoro. 

LA RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO IN RELAZIONE ALLA SALUTE E ALLA SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO

Come è noto, il primo fondamento normativo della responsabilità del datore di lavoro in relazione alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori è ravvisabile nell’art. 2087 c.c., a mente del quale “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. 

Principiando da tale generico obbligo, il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, c.d. “Testo unico per la

sicurezza sul lavoro”, ha introdotto una compiuta disciplina che, per mezzo della introduzione di specifici adempimenti posti a carico del datore di lavoro, mira a garantire la piena tutela delle condizioni di salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro. 

Al fine di rendere effettiva la tutela apprestata in favore dei lavoratori anche il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, ha configurato l’omissione da parte dell’imprenditore delle prescritte cautele antinfortunistiche quale ipotesi di “reato presupposto” idoneo a fondare la responsabilità della società ai sensi del decreto 231/2001 (art. 25 septies). Ed è proprio in ordine ai riflessi che il nuovo rischio epidemico spiegherà sugli attuali protocolli di prevenzione degli infortuni all’interno delle realtà aziendali, nel rispetto dei decreti legislativi 231/2001 e 81/2008, che risulta opportuno interrogarsi. 

LA DISCIPLINA DELLA RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DA REATO EX D.LGS 231/2001 E IL REATO DI CUI ALL’ART. 25 septies

Con il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 è stata ufficialmente introdotta nel nostro ordinamento la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, mediante l’introduzione di un apparato sanzionatorio riferito esclusivamente alla persona giuridica “colpevole” di aver consentito al proprio interno la commissione di uno o più reati tassativamente elencati nella sezione III del capo II del testo normativo, definiti reati presupposto.   

In buona sostanza, per mezzo del paradigma della “colpa di organizzazione”, l’ente è ritenuto responsabile  dei reati presupposto  compiuti, nel proprio interesse o a proprio vantaggio, dalle persone fisiche collocate  in posizione apicale nell’organico aziendale oppure da soggetti sottoposti al potere direttivo e di vigilanza dei primi; la responsabilità che si addebita alla persona giuridica è proprio quella di non aver predisposto i dovuti accorgimenti idonei ad impedire il verificarsi di reati nel contesto aziendale e identificabili nella predisposizione dei Modelli di Organizzazione e Gestione, da intendersi quali protocolli e procedure formali interne capaci di azzerare il rischio di commissione di reati. L’adozione del modello di organizzazione, gestione e controllo assieme alla istituzione di un apposito Organismo di Vigilanza, deputato a supervisionare sul funzionamento, l´osservanza e l’aggiornamento dei modelli, rappresentano le condizioni che permettono all’ente di andare esente da responsabilità pur a seguito della commissione di uno dei reati previsti dal decreto medesimo da parte delle persone fisiche ad esso legate. 

La sanzione primaria irrogabile nei confronti della persona giuridica è costituita dalla pena pecuniaria alla quale si affianca la previsione di alcune sanzioni interdittive (tra le altre, l’interdizione dall’esercizio dell’attività e il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione), della confisca e della pubblicazione della sentenza. 

Come riferito, tra i reati la cui commissione comporta il sorgere della responsabilità dell’ente l’art. 25 septies prevede  l’Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme

sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro: in tal caso, l’ente sarà passibile di sanzione qualora a seguito dell’infortunio di un dipendente venga accertata la mancata attuazione delle cautele prescritte dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e, al contempo, tale omissione abbia permesso alla persona giuridica di conseguire un vantaggio ravvisabile, ad esempio, nel risparmio di spesa conseguente alla mancata applicazione dei presidi antinfortunistici. 

IL RISCHIO BIOLOGICO DA SARS-CoV-2

Ciò posto, dati i rischi infortunistici che nei più disparati settori produttivi gli enti si trovano oggi a dover già fronteggiare, il c.d. rischio biologico correlato alla diffusione del virus da SARS-CoV-2 rappresenta nuovo fenomeno che, tenuto conto della peculiare capacità di diffusione del virus e delle gravi ripercussioni che lo stesso può produrre sull’organismo, le persone giuridiche sono ormai obbligate a prevenire e gestire anche al fine di garantire la prosecuzione dell’attività aziendale. 

Ed invero, la qualificazione del contagio da coronavirus quale forma di infortunio sul lavoro è avvenuta, in seguito allo scoppio dell’epidemia, per mezzo del D.L. 18 marzo 2020, n. 18, il cui articolo 42 espressamente prevede che in ipotesi di contagio da coronavirus avvenuto nel contesto dell’attività lavorativa, il medico certificatore rediga il consueto certificato da inviare presso l’INAIL affinché siano azionati i consueti meccanismi di tutela da infortunio. 

Ancor più nel dettaglio, la stessa INAIL, con la circolare n.13 del 3 aprile 2020, ha chiarito che posta la riconducibilità delle affezioni morbose nell’alveo degli infortuni sul lavoro, per via della equiparazione tra la causa virulenta a la causa violenta, anche il contagio da nuovo coronavirus debba essere trattato alla stregua di un infortunio sul lavoro. 

È evidente, pertanto, come i datori di lavoro saranno obbligati a predisporre ogni forma di cautela idonea ad arginare il rischio di contagio da Covid-19 negli ambienti lavorativi. 

In ragione di quanto sopra, la stessa INAIL il 23 aprile ha pubblicato  il “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione”, approvato dal Comitato tecnico scientifico istituito presso la Protezione Civile, al quale l’INAIL partecipa con un proprio rappresentante, contenente precise indicazioni volte a guidare la graduale riapertura in sicurezza delle attività produttive. 

Il documento introduce un sistema di valutazione del rischio basato sull’utilizzo di specifici parametri, ad ognuno dei quali sarà attribuito un valore da 0 a 5, individuati nella ESPOSIZIONE, ovvero  la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento della specifica attività lavorativa; la PROSSIMITA’ ad altri soggetti nelle esecuzione della prestazione lavorativa; infine l’AGGREGAZIONE, ovvero la possibilità che il lavoratore entri in contatto con soggetti terzi rispetto ai propri colleghi. 

Individuata la classe di rischio, le aziende saranno cosi tenute ad adottare una serie di misure contemplate dallo stesso documento e classificabili come segue:

  • MISURE ORGANIZZATIVE: tra le quali rientrano una corretta gestione degli spazi di lavoro che favoriscano il distanziamento sociale e la rimodulazione dei turni di lavoro prediligendo, ove possibile, l’applicazione del lavoro a distanza;
  • MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE: consistenti nella garanzia di una corretta e puntuale informazione nei confronti dei lavoratori circa le modalità del rischio, misure igieniche e sanificazione degli ambienti, utilizzo di mascherine e dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie, sorveglianza sanitaria e tutela dei lavoratori fragili;
  • MISURE SPECIFICHE PER LA PREVENZIONE DELL’ATTIVAZIONE DI FOCOLAI EPIDEMICI: consistente, ad esempio, nel monitoraggio della temperatura corporea sui lavoratori prima dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di evitare l’ingresso nella struttura dei soggetti la cui temperatura sia superiore a 37,5°. In tale ultima eventualità,  l’azienda, oltre a garantire l’isolamento del lavoratore potenzialmente infetto, collabora con le autorità sanitarie anche al fine di consentire il tracciamento degli eventuali “contatti stretti” di una persona presente in azienda che sia stata riscontrata positiva al tampone COVID-19. 

Si osserva, in conclusione, come l’emergenza sanitaria in atto comporterà senza dubbio l’obbligatorio aggiornamento delle procedure interne di gestione del rischio biologico rappresentato dalla diffusione del virus COVID-19, anche al solo fine di consentire la prosecuzione – in sicurezza –  dell’attività aziendale e scongiurare l’applicazione delle sanzioni previste dal D.lgs. 231/2001 in ipotesi di contagio; ma è ben vero che in una società ormai globalizzata e sempre più soggetta a nuove e più subdole tipologie di rischio, la stretta collaborazione che verosimilmente dovrà instaurarsi tra impresa e autorità sanitarie in ipotesi di contagio può qualificarsi come l’ulteriore contributo fornito dal tessuto imprenditoriale del nostro paese alla  tutela della salute della collettività. 

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